5 buoni propositi per chi comunica nel 2022

Chi ben comunica è a metà dell’opera!

Scusate il dad-joke ma lo strillo per rompere il ghiaccio mi serviva. Siete abbastanza saturi di tutti i buoni propositi che avete già letto, ma qui non si parla di dieta e nessuno si batterà il petto per andare più assiduamente in palestra, questi sono solo 5 pensieri pratici per chi – come me – comunica di lavoro o chi – come forse qualcuno di voi – si ritrova a comunicare per poter lavorare (hello there piccoli imprenditori 👋).

1. Ritrovare il q.b.

Qualche giorno fa mi è stato chiesto quanto dovesse essere lungo un post social per funzionare (quindi essere interessante, leggibile, efficace) e ho risposto in maniera sincera. Fino a pochissimi anni fa (facciamo 3 e mezzo) sapevamo che se avessimo postato ad un orario ben preciso, in un determinato giorno della settimana, con una foto con una certa luce, una certa dominante cromatica, con una percentuale ben precisa di elemento umano e un copy di uno specifico numero di righe, di hashtag e di emoticon avremmo ottenuto visibilità, portanza, engagement, copertura e BIG LIKES!

Non è più così (lo so che molti di voi sono impazziti affrontando i cambi di algoritmo come si affrontano i cambi di umore dei propri partner) ma sveliamo il grande arcano: Facebook e Instagram monetizzano sul tempo che passano gli utenti sulle piattaforme.

Più tempo gli utenti sono online, più pubblicità vedranno, più persone saranno disposte ad investire in pubblicità sui social, più i social guadagneranno. Più gli utenti si soffermeranno sul tuo post perchè lo troveranno interessante/utile/curioso/degno di tempo più Facebook e Instagram ti premieranno e – ta daan – ti ripagheranno in visibilità.

Esiste quindi un numero di righe o caratteri migliore? No.

Le domande che dovremmo porci per scrivere un post sono:

  • ho davvero qualcosa da comunicare?
  • io mi leggerei?
  • a chi può interessare questa cosa?
  • di tutte le cose che devo dire, qual è l’ordine di importanza?
  • è utile a qualcuno?
  • perché dovrebbero seguirmi?
  • è importante per qualcuno?

Il q.b. (quanto basta) è una cosa romantica ma solo all’apparenza, è l’esercizio della misura, dell’imparare a prendere le misure e non del seguire le misure, è l’arte di scrivere empiricamente le proprie regole senza adagiarsi pigramente sul gusto e sull’esperienza di qualcun altro.

Recentemente sull’argomento q.b. in creatività e comunicazione ne ha scritto un articolo bellissimo Annamaria Testa che trovate qui Tra eccesso e difetto: il senso perduto del q.b.

2. Meno ritocchi e più occhi

Personalmente lavoro molto poco con modelle e modelli, lavoro per lo più con piatti, torte, cocktail, biscottini, eppure lo sapete quante volte i clienti ci richiedono il fotoritocco di una torta? Tante. Non per questioni di luce, di esposizione o messa a fuoco ma per impercettibili questioni estetiche.

Questo discorso non vale esclusivamente per le immagini o per i video, vale anche per i copy! Le richieste di modifiche su post già andati online (anche già da qualche ora) che ho ricevuto nell’ultimo anno sono state parecchie, e non perché ci fossero delle incorrettezze o dei refusi, ma perché la sola possibilità di poter modificare un post fa innescare un flusso di incertezze (soprattutto se il post non ha scatenato molti like nell’immediato) che spesso ci portano a dubitare dei nostri contenuti e del nostro stile.

Quando parli, puoi modificare una cosa che hai detto un’ora fa? No, al massimo puoi dirne un’altra.

Lo sapevi che i social registrano la cronologia delle modifiche che effettui ad un post e ad ogni modifica se ne abbassa la copertura?

Alle volte bastano un paio di occhi in più e neanche necessariamente del settore. Basta un collega o un amico che legga, guardi e ti dia la sua *preziosissima* opinione. Perchè? Perchè magari è un tuo follower.

3. Parlare degli altri è inclusivo?

Inclusività e inclusione sono sicuramente tra le parole più gettonate dell’anno che lasciamo alle spalle, sono due parole che nella mia testa vanno molto d’accordo con accoglienza, perché se essere inclusivi significa promuovere la coesistenza e la valorizzazione delle differenzeforse è un grande “abbracciamose”, un far sentire tutti a casa, benvenuti, rispettati e voluti bene.

Recentemente ho notato che moltissimi imprenditori hanno smesso (almeno pubblicamente, sui propri canali social) di parlare dei propri competitor (praise the Lord!) ma (e qui soffro male) hanno iniziato a sfottere e ridicolizzare i propri clienti (non tutti eh, solo alcuni).

Mi è capitato di vedere stories di responsabili di sala che inquadrano delle comande per riderne, me ne sono capitate altre di chef che parlano male delle persone che hanno appena avuto a pranzo esasperati dalle richieste ricevute o addirittura post dove ci si vantava del proprio tono al vetriolo perché almeno loro erano “veri”. Parlo di profili pubblici, seguitissimi, di persone che sono il volto delle proprie aziende, non sto parlando di chat private dove ci si sfoga delle difficoltà (infinite) del proprio lavoro.

Come può tutto ciò farmi sentire accolta? La pizza più buona del mondo – ovviamente pagata – vale l’ansia da prestazione, la negatività, la paura di venire ridicolizzati e l’improvviso ritorno all’aria che si respirava al liceo nel quarto d’ora di ricreazione?

Forse no.

https://giphy.com/gifs/filmeditor-mean-girls-movie-xT9KVuimKtly3zoJ0Y

4. Postare di meno e commentare di più

Mantenere il ricordo è importante, nessun comunicatore ti consiglierà mai di sparire o far perdere le tue tracce ma forse dovremmo rivedere la motivazione dietro ai post che ormai sono più routine che effettiva necessità di comunicare.

Prima di fare un post chiediamoci: ho davvero qualcosa da dire o voglio solo rinnovare il ricordo che hanno di me?

Ogni post non può essere un annuncio pubblicitario con lo strillo iniziale per attirare l’attenzione e la call to action finale per finalizzare un acquisto!

Perché fare 4 post a settimana se poi non rispondo ai commenti e mi limito al like politico ad ognuno di essi? Quanto mi fermo a conversare con le persone che mi contattano in privato per avere informazioni sulla mia azienda o il mio prodotto?

La cura della tua comunità, la cura delle tue persone è qualcosa che rimarrà molto più impressa di un buongiornissimo kaffèè e ti “farà convertire” molto più di un post. Perchè? Perchè i tuoi clienti sono la pubblicità più potente che tu possa avere.

5. Bye Mr.Brightside

Grazie al cielo sono passati 4 giorni di detox dai video reel di fine anno, dove a quanto pare tutti hanno viaggiato, tutti hanno amato, tutti hanno mangiato da Dio, tutti si sono sentiti vivi, divertiti da matti e raggiunto traguardi memorabili.

Ma quelli che ci seguono ci credono?

Davvero si sono dimenticati di tutte le frustrazioni e casini che abbiamo lasciato trapelare negli ultimi 365 giorni? Sono davvero così poco smaliziati? …non si sentono manipolati neanche un po’?

La risposta a queste domande non ve la darò io, ma ve la darete da soli leggendo il post di Riccardo Pirrone (social media manager di Taffo e pubblicitario blasonato) 👇

 

Visualizza questo post su Instagram

 

Un post condiviso da Riccardo Pirrone (@riccardokir)